mercoledì 21 febbraio 2007

Dell'inutile

di Marco Caponera
Anzitutto è inutile che io sia qui, seduto davanti a uno schermo di 17", a scrivere; dovrei essere al lavoro, ma nonostante una volenterosa alzata, sono dovuto tornare a casa, con la coda tra le gambe, per manifesta inferiorità, nel senso che non mi sono sentito bene e non reggendomi in piedi ho preferito lasciare ad altri le mie fatiche.
Così davanti a questa tastiera potrei scrivere l'articolo che aspetta da un po', non lo farò.
Potrei proseguire a lavorare al mio libro, non lo farò!
Potrei dedicarmi allo studio dell'Html, per esempio, non lo farò!
No ho alcuna intenzione di sdraiarmi a letto per riposare, accondiscendendo irreparabilmente alla necessità di un fisico a tratti memore di essere cagionevole, non lo farò!
Scrivo e mi diletto dei miei inutili pensieri inviati senza un valido motivo ad uno o più ignari destinatari, attraverso lo strumento più disumano che conosco...
Sull'inutile come concetto filosofico mi interrogo da anni. Da quando per tutta una serie di inutili e futili coincidenze mi scontrai con diversi autori, i quali, senza il coraggio necessario per una esaustiva trattazione, si limitavano però a citare l'inutile come concetto creativo.
Heidegger, in "Sentieri interrotti" tratta il tema dell'inutile, attraverso il racconto di una parabola orientale. È inutile che la trascriva chi ha tempo e poco da fare se la vada a leggere. Semmai ve la sintetizzo. In estrema brutalità la parabola orientale narra di un albero secolare dalla forma così irregolare e nodosa, da risultare inutilizzabile per qualsivoglia destinazione. Proprio ciò ha reso la vita dell'albero lunghissima e ha donato lui il rispetto dei "vicini". Questa per me è l'essenza ultima dell'inutilità: l'inutilizzabile dura, sopravvive a se stesso, al "sistema" in cui è inserito, agli altri. L'importanza oggi dimenticata delle cose inutili è la forza della vita. L'albero della nostra storia è brutto, quindi non viene disegnato, fotografato, ammirato; è nodoso quindi non viene tagliato fatto diventare tavolo, sedia o armadio; non fa ombra, quindi non si presta per la siesta delle terribili estati tropicali europee. È lì semplicemente, semplicemente è. Venitemi a raccontare che l'essere non è. Che l'essere cede all'apparire. L'apparire cede al tempo, al consumo, all'utile. L'essere-albero no! Non cede che alla vita! Chi le resiste?!
Non annoio oltre con questo...
Ma l'inutile è asistemico per diversi altri motivi, quando troverò il tempo (ne avete qualche chilo, litro o cent?), e mi mancherà ancora uno scopo nella vita, mi dedicherò alla stesura di un qualche tipo di libro su di esso. Poi inutilmente cercherò un editore disposto a pubblicarlo...
Mi accorgo dell'inutilità della continua ripetizione nel testo del soggetto (inutile)... quindi continuo ad utilizzarlo imperterrito!! Dicevamo l'inutile...l'inutile come dono, come assenza di scambio mercantile. Anche qui potrei citare gli studi svolti dal "Mauss" istituto francese di studi sull'utilitarismo e l'anti-utilitarismo, ma le ricerche inutili vanno fatte di persona, debbono far perdere tempo, quindi se ve ne frega qualcosa andate a cercare. Quelli del Mauss asseriscono che ci sono moventi umani che sfuggono alla teoria dello scambio economico. Credo sia assodato per tutti che non vi può essere coerente ed esaustiva alterità rispetto al sistema-globale?!!? Ebbene questi poveracci provano a dire che non tutto nella nostra vita è governato dall'economia e dall'avere (Fromm). Concordo! Sono un poveraccio anch'io e come tale senza aver nulla da perdere asserisco, senza preoccuparmi delle smentite che qualcosa sfugge all'utile. Ci sono delle TAZ (zone temporanemaente autonome, vedi H. Bey) che dal loro apparire e scomparire mettono in momentanea crisi lo status quo. Poi tutto viene riassorbito, come in un videogame giapponese, dove vince sempre il più potente. Non potendo sussistere un eterogenesi totale delle menti, si possono creare dei black-out temporanei in cui il soggetto può varcare il confine dell'utile e ritrovarsi improvvismente nella gratuità dell'agire, del sentire, dell'essere. Non è facile, anzi per dirla tutta non so esattamente di cosa io stia parlando, ma l'essere-albero testimonia della possibilità. La guerriglia filosofica deleuziana è tutta in questo scontro, tra potere e non potere. Attenzione: non diverso potere, ma non potere. Non è battaglia campale è guerriglia!!
L'inutilità dell'esistenza: è un pre-requisito dell'esistenza inutile, è la genesi della stessa, un po' come il farsi cammello, leone e infine fanciullo nietzscheano. L'uomo (donna) non è un fine, ma un passaggio e come tale la sua utilità non è nel dire, fare, baciare, ma nell'essere punto e basta. Non c'è trascendente che tenga di fronte a ciò, non c'è fine escatologico, o anima. Soltanto l'affermazione dell'essere uomo (donna), la sua insulsa, avida, esistenza. A questo punto mi si presenta un interrogativo: e l'oltre-uomo? Non risponderò, tuttavia vi lascio con una affermazione dell'amico in spirito Friederich Nietzsche: "Di quanto fu scritto amo soltanto ciò che fu scritto col proprio sangue. Scrivi col sangue: e imparerai che il sangue è spirito. Non è facile comprendere il sangue degli altri, odio gli oziosi che leggono".
In conclusione provvisoria vi cito la colonna sonora dell'inutile attuale: Dave Brubeck, Time Out, scelta perchè stonata, fuori tempo, rispetto alle più blasonate produzioni politically correct!!

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Marco, essendo palesemente manifesta l'inutilità della cosa è giocoforza per me proseguire nell'intenzione di scrivere qualcosa a riguardo. Questo perchè è molto che anch'io mi interrogo sul problema, e mi compiaccio nel constatare che qualcuno risponda alla stessa "inutile" esigenza. Il mio incontro con questo quesito è dovuto all'incrocio, durante un solitario e scioperato frammento di esistenza, con il pensiero di Georges Bataille il quale, mi sembra, proseguendo la traccia di Mauss, sia probabilente colui che ha concentrato più decisamente l'attenzione al quesito dedicandovi una intera vita: esistono dei momenti ( delle "attività" che rispondono ad una intrinseca esigenza dell'esistere) in cui si esce dalle maglie del potere, configurantesi per Bataille nel "mondo dell'utile", è si è "sovrani" (nel senso di: non asserviti al dominio della strumentalità, del futuro, della trascendenza, de "l'utilita")? in questa interrogazione radicale - che poi per B. si dispiegerà nella "categoria" del sacrificio e della "dépense" - rintraccio anche l'inizio di una teoria-pratica dell'agire che rinuncia alla pretesa dell'effetto concentrandosi sul presente e che ritrovo ad es. nella nozione de "disinteresse interessato" di Mario Perniola nonchè nell'idea del "non-futuro come leva" di quel suggestivo autore di cui, in sede universitaria, si sta trattando. Detto questo non posso che spronarti, inutilmente forse, al proposito di scrivere qualcosa a riguardo...

Marco Caponera ha detto...

Caro Pasquale,
ti ringrazio per l'apprezzamento, in effetti sto lavorando a un volume sull'inutile, ma chissà se vedrà mai la luce.
Comunque volevo anticiparti che conterrà un breve capitolo su Bataille, perchè nonostante questi sia uno dei pochi che abbia avuto il coraggio di confrontarsi con l'inutile, a parer mio, lo ha fatto con un piglio aristocratico, volendo sostituire al regno del capitale il vetusto regno del feudalesimo.
I suoi riferimenti fanno chiaramento pensare a un'impostazione reazionaria nei confronti dell'utile, un ritorno a sorpassati e insensati principi di censo, onore, dispendio ecc...
Questi principi in realtà sono perfettamente compatibili con l'utile e infatti non vi si sottraggono. Il dispendio ad esempio è dispendio di ciò che c'è in vista di un potere differente da ciò che si spreca ma non completamente "altro", il dispendio è tale perchè avviene in un mondo utilitaristico e calcolante, altrimenti non avrebbe senso. L'inutile invece è l'altra faccia dell'utile e non un suo brandello consunto.
Naturalmente non è sufficiente questo che scrivo per fissare le differenze tra la mia concezione di inutile e quella di bataille, per questo credo che l'idea di realizzare un libro sia più azzeccata.
Un saluto,

Anonimo ha detto...

Caro Marco, non posso esimermi dallo scrivere quello che penso a proposito. Sono d'accordo solo in parte con quello che sostieni e, si badi bene, non perchè -infatuato del suo pensiero - voglia ad ogni costo difendere Bataille. Se per un verso è innegabile che sul piano puramente economico la nozione di "dépense" presta il fianco a critiche anche abbastanza facili da chi, come noi, vive l'epoca del tardo capitalismo dove il consumo è funzionale al mantenimento - e alla diffusione - di uno stato di cose; per un altro, mi sembra, che così facendo si oblii un certo suo carattere paradossale che non lo fa coincidere con questo tipo di consumo... così facendo si corre il rischio di appiattire definitivamente la nozione batalliana di "negativo" a quella hegeliana scemandone il carattere rivoltoso-resistenziale che Bataille si sforzò così decisamente di conferirle e che, a mio avviso, consiste proprio in ciò che questa nozione ha di paradossale. Inoltre, se è vero che quelli che chiami principi di censo, lusso, dispendio ecc. possono avere un chè di obsoleto, aristocratico e reazionario, non mi sembra siano tali dal punto di vista simbolico. E cioè (e in ciò si sofferma la mia interpretazione su Bataille): l'importanza data da Bataille alla morte - che rappresenterebbe quel momento statico in cui le opposizioni si pacificano in una immobilità che ha del metafisico e che per un altro verso giustificherebbe una lettura reazionistica del suo pensiero- è secondaria rispetto alle forme in cui concretamente e simbolicamente questa diventa esperienza per gli uomini (il sacrificio e l'erotismo per un verso, ma l'arte e la poesia ad es. per un altro) e l'intera sua produzione scrittoria, mirante a dire l'impossibile, ne è la testimonianza. La morte non si può vivere direttamente così come il negativo ha bisogno di concretarsi in degli artifici che costituiscono come un capitale simbolico alternativo a quell'altro. In virtù di questo la concezione più efficace dell'inutile data da Bataille mi sembra sia quella che viene fuori dalla riflessione sulla letteratura e sul poeta nella "letteratura e il male" ad esempio quando parla di Baudelaire. Tuttavia so che non oblii questi aspetti del pensiero di Bataille e spero di avere l'occasione di parlarne con te di persona. Un saluto.

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie

Anonimo ha detto...

good start